Magnammece ‘o pesone – occupiamo il sole!

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Ebbene, abbiamo occupato il Sole. Non perché siamo megalomani, ma perché il nostro sangue, il nostro tempo, la nostra aria ci vengono tolti giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Senza risarcimento alcuno.

Ci siamo presi il sole perché serviva fare luce, brancolavamo nel buio. Lo conoscete il buio? E’ quando ti dicono che devi prestarti al gioco della compravendita del tuo tempo di vita, quando non capisci bene perché, ma la tua giornata si svolge tra una biblioteca, la fatiscente stanza di appartamento di qualcuno che s’è preso tutti i tuoi soldi per “ospitarti”, il lavoro al pub per dodici ore, che grazie alle mance ti darà la possibilità di un pasto caldo il giorno dopo.  Oppure quando ce l’hai fatta: l’obiettivo-laurea t’ha fatto andare avanti come un mulo. Poi, il buio. E pensi ai tuoi genitori che ti dicevano – e ci credevano!- che ogni sacrificio sarà ben pagato. E pensi a quanto, piuttosto, TU hai pagato. Non solo: a quanto paghi e a chi ci guadagna. No, non ci stiamo. A noi piace la luce. I colori. Non ci vogliamo stare più nel buio, nella giungla del lavoro  “a progetto”, “contratto a rinnovo ogni tre mesi”, nell’assenza di garanzie per l’affitto, per poter pensare al mutuo, ai tempi e alle spese della maternità o della paternità. Il sindacalista dice che è dalla tua parte, mentre il sindacato firma i più ignobili accordi. I tuoi amici dall’estero ti parlano di una cosa che si chiama “welfare”, che qui sembra non avere nessun significato. E il governo di turno si affanna a spiegare l’importanza di salvare i mercati. Ma chi sono questi signori mercati? Perché dovremmo salvarli, se sono proprio loro a toglierci tutto?

Nel cuore del centro storico, nei nodi delle contraddizioni, apriamo spazi di felicità. Per vivere assieme in un altro modo, per riprenderci pezzi di ciò che è nostro senza aspettare che ci cada dall’alto. Per mettere in scacco chi crede di poter speculare all’infinito sulle nostre energie. Perché crediamo che nel quadro odierno debba esserci garantito un reddito di base e incondizionato e che il diritto all’abitare sia il primo passaggio verso il ripensamento delle politiche sociali. Parliamo di ciò che ci è vitale, nostri bisogni e desideri. In termini concreti: sanità, trasporti, casa, istruzione. Ma anche il diritto ad una vita basata non più su lavoro, famiglia, profitti. E’ il diritto a vivere il presente. Da adesso sarà solo questo a determinare il nostro modo di abitare la città.